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Federmacchine: nel 2023 fatturato record, 2024 calo moderato

Nell’Assemblea per l’industria italiana del bene strumentale con il presidente Bruno Bettelli anche il vicepresidente di Confindustria, Marco Nocivelli.

Cresce ancora il fatturato nel 2023 l’industria italiana del bene strumentale, segnando un nuovo record per il comparto. Per il 2024 si attende un calo moderato di quasi tutti gli indicatori economici; i valori si manterranno comunque su livelli mediamente alti.

È quanto emerge dai dati elaborati dal Gruppo Statistiche Federmacchine, presentati all’Assemblea soci della federazione: accanto al presidente Bruno Bettelli (nella foto in alto), è anche intervenuto il vicepresidente di Confindustria, Marco Nocivelli.

I consuntivi del 2023

Nel 2023, il fatturato del comparto si è attestato a un valore pari a 56,6 miliardi di euro, registrando un incremento del +2,1% rispetto al dato del 2022, segnando così un nuovo record.

Le esportazioni sono cresciute del +5,8% a 37,7 miliardi di euro, superando il risultato dell’anno scorso e segnando così un nuovo primato.

In calo le consegne dei costruttori italiani sul mercato interno, penalizzate dall’arretramento del consumo domestico e fermatesi a 18,9 miliardi (–4,6%).

La domanda espressa dal mercato domestico è scesa a 30,4 miliardi (–4%).

Anche l’import ha risentito della debolezza della domanda interna, attestandosi a 11,5 miliardi (–3%).

Le imprese italiane del settore hanno dimostrato, ancora una volta, di saper ben presidiare il mercato locale, come evidenziato dal dato import/consumo che si è attestato al 37,9%.

Il rapporto export/fatturato è cresciuto, di quasi 2 punti percentuali, al 66,6%.

Federmacchine: nel 2023 fatturato record, 2024 calo moderato

Le previsioni per il 2024

Il 2024 segnerà un’inversione di tendenza per l’industria italiana del machinery che registrerà un modesto rallentamento, mantenendosi comunque su livelli mediamente alti. In particolare, il fatturato attesterà a 54,7 miliardi (–3,3% rispetto al 2023).

Il consumo interno calerà del –8,3% a 27,9 miliardi di euro. Ne risentiranno sia le importazioni (attese in calo del –2,6% a 11,2 miliardi di euro), sia le consegne dei costruttori (che dovrebbero fermarsi a 16,7 miliardi, –11,7%).

L’export crescerà ancora, seppur di poco (+0,9%), oltrepassando i 38 miliardi, nuovo record per il comparto.

Federmacchine: nel 2023 fatturato record, 2024 calo moderato

Destinazione geografica delle vendite nel 2023

Riguardo alla distribuzione delle vendite, nel 2023 la quota di fatturato realizzata in Italia si è attestata al 33,4%, con il 36,1% del totale destinato agli altri Paesi dell’Europa. L’area europea assorbe quindi quasi il 70% del fatturato italiano di comparto, a cui segue l’export nelle Americhe (15,6%) e in Asia (11,3%).

Nel 2023 l’export italiano è cresciuto in tutti i principali mercati a esclusione di Cina, Turchia e Regno Unito. Meglio di tutti, come incremento, hanno fatto Messico e Polonia.

Principali mercati di destinazione sono risultati Stati Uniti (5 miliardi di euro, +6,7%); Germania (3,9 miliardi, +4,3%); Francia (2,6 miliardi, +7,9%); Cina (1,8 miliardi, –4,4%); Polonia (1,6 miliardi, +15,6%).

I commenti

Bettelli ha così commentato: «L’estero rappresenta per le aziende di Federmacchine lo sbocco ideale per la propria attività come dimostra il dato di export su fatturato che in alcuni periodi ha raggiunto addirittura quota 75%. Il Rapporto Ingenium, realizzato da Confindustria e Federmacchine, nel 2022, ha messo in evidenza un potenziale di 16 miliardi di euro di export non ancora realizzato che potrebbe essere alla portata delle aziende e che è distribuito tra mercati emergenti e mercati già affermati. Da qui siamo partiti per ragionare sulle azioni di supporto all’attività di internazionalizzazione del comparto, partecipando a incontri e organizzando occasioni di contatto con rappresentanti dei sistemi industriali di alcuni importanti Paesi quali, per esempio, Cina, Vietnam, Arabia Saudita. Il lavoro non termina certo qui, tant’è che abbiamo avviato la realizzazione della seconda edizione del Rapporto per un quadro più aggiornato. È chiaro però che occorre comunque un supporto da parte del sistema Paese, penso tra gli altri a ICE Agenzia, Sace e Simest».

Sul fronte interno, ha aggiunto Bettelli, «così come abbiamo sostenuto l’introduzione e il mantenimento del provvedimento Industria/Impresa e infine Transizione 4.0 per la digitalizzazione, da subito abbiamo condiviso la proposta del governo legata a Transizione 5.0 incentrata sul tema del risparmio energetico. Al di là dell’evidente beneficio economico, il provvedimento farà sicuramente da traino alla transizione verso la green manufacturing».

La misura ha però necessità di funzionare al più presto, affiancandosi al provvedimento 4.0: «Stiamo perdendo tempo prezioso che rischiamo di non poter recuperare, visto che le risorse dedicate sono legate al PNRR, e in particolare al Fondo Repower EU che, per regole di rendicontazione, prevede che il macchinario 5.0 possa godere dell’agevolazione prevista solo se sarà installato e interconnesso entro il 31 dicembre 2025». I tempi così compressi tra la disponibilità della misura e il termine di consegna e interconnessione del macchinario mettono in difficoltà i costruttori italiani che, specializzati nel prodotto personalizzato, hanno tempi di produzione di circa 6-8 mesi: «Questa attesa rischia di favorire prima di tutto l’import (che notoriamente arriva dall’Asia) a scapito del nostro prodotto o comunque del prodotto Made in Europe». 

Per questo, Federmacchine chiede a Confindustria «di attivarsi quanto prima presso le autorità affinché si consideri l’allungamento al 2026 della possibilità di utilizzo dei fondi stanziati per tale provvedimento. Conosciamo i vincoli legati all’utilizzo di questi 6,3 miliardi di euro stanziati dall’Europa ma sappiamo anche che vi sono Paesi i cui sistemi industriali non navigano certo in buone acque. Per questo pensiamo di non essere gli unici a poter beneficiare di una revisione che permetta più agio nella fruizione della misura così da evitare che le risorse tornino a Bruxelles senza essere spese, per mancanza dei tempi tecnici. Occorre però che le nostre autorità si coordinino appena possibile con i colleghi europei per capire quali sono gli spazi di manovra».