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Giampaolo Dallara, intervista al Presidente di Dallara Group

Intervista a Giampaolo Dallara, fondatore e Presidente della Dallara Group, attiva nella progettazione e produzione di vetture da competizione e ad alte prestazioni.

Su Giampaolo Dallara si potrebbero scrivere interi libri. Oggi il suo nome è legato al mondo dell’auto (da corsa e stradale) per le prestazioni, la qualità e la sicurezza dei modelli realizzati.
Non è frutto del caso se il terribile incidente occorso durante il Gran Premio del Barein 2020 di Formula 1 a Romain Grosjean, pilota della Haas F1 Team, si è concluso solo con un grande spavento, qualche leggera ustione e nient’altro.
La Haas è infatti una vettura (come molte altre in altre competizioni motoristiche) il cui telaio e la cellula di sicurezza vengono costruiti proprio in Dallara.
La redazione di Tecnologie Meccaniche ha avuto l’opportunità di intervistarlo qualche settimana fa. Ecco cosa è emerso.

Chi è Giampaolo Dallara

Giampaolo Dallara è fondatore e Presidente della Dallara Group, attiva nella progettazione e produzione di vetture da competizione e ad alte prestazioni.
Nasce a Varano de’ Melegari (PR) nel 1936. Nel 1959 si laurea in ingegneria aeronautica e inizia a lavorare alla Ferrari, passando poi alla Maserati e alla Lamborghini (dove progetta la Miura) e De Tomaso. Nel 1972 fonda la Dallara Automobili da Competizione.

I successi con le monoposto in diversi campionati internazionali, le consulenze per importanti costruttori, la costante ricerca dell’eccellenza hanno portato l’azienda a essere una delle più importanti realtà nel settore motorsport.
Nel 2014 Dallara acquisisce la Camattini Meccanica, specializzata nella lavorazione di fibra di carbonio. Nel 2016 inaugura il DARC, centro di ricerca sui materiali compositi e nel 2017 la Fabbrica Dallara per la produzione delle prime vetture Dallara Stradale. Nel 2018 inaugura la Dallara Academy.

Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra i quali: nel 2009 il premio Imprenditore dell’anno E&Y per la categoria Global e nel 2012 il premio internazionale Barsanti e Matteucci.

Nel 2011 gli è stato conferito dal Rose-Hulman Institute of Technology degli USA il Degree of Honorary Doctor of Engineering e nel 2014 dall’Università di Parma il titolo di Professore a Honorem in Ingegneria Industriale. Nel 2014 viene nominato Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e nel 2016 Cavaliere del Lavoro della Repubblica italiana.

Giampaolo Dallara

In una recente intervista, lei ha affermato che la ripresa sarà molto lenta. A suo avviso, quali sono le iniziative necessarie per facilitarla e di cosa ha bisogno il nostro sistema industriale, in particolare il settore dell’auto?

Io credo che si debba essere pronti ad affrontare questo momento critico. E per farlo ci vogliono delle persone preparate. Oggi bisogna investire in formazione, dotarsi anche degli strumenti adeguati, ma il know how deve essere potenziato sotto tutti i punti di vista, affinché le scelte progettuali tengano conto non soltanto delle prestazioni e della qualità dei prodotti e dei processi ma anche dei costi che le scelte stesse determinano.

La nostra strategia di crescita si ispira a questo approccio: sebbene il settore, soprattutto quello del racing, stia vivendo una fase difficile dovuta all’emergenza sanitaria mondiale, ci stiamo impegnando per realizzare nuove vetture in maniera ancora più efficiente sotto tutti i punti di vista, tecnologico, economico, produttivo, qualitativo. Dobbiamo approfittare di questo periodo di relativa calma forzata per imparare a fare ancora meglio il nostro lavoro e soprattutto per riuscire a cogliere nuove opportunità.

Un tema di grande attualità è quello dell’auto elettrica. Il futuro dell’automobile, secondo lei, sarà solo elettrico o no?

Le automobili saranno elettriche; o meglio, tutti i nuovi modelli avranno anche una versione elettrica. Anche noi che facciamo cento macchine l’anno abbiamo modelli a trazione elettrica, ancora a livello sperimentale, che stiamo sviluppando in collaborazione con Bosch. Immaginando il futuro, ci sono enormi punti interrogativi sulla modalità di generazione e produzione dell’energia elettrica: da fonti tradizionali, da fonti rinnovabili, dall’idrogeno.

Nell’attuale situazione, se consideriamo l’inquinamento generato per produrre l’energia, per smaltire le vetture, per produrre i nuovi impianti eccetera, il bilancio non è certamente a favore della macchina elettrica. Ripeto, bisogna capire come si potrà produrre l’energia elettrica, come la potremo distribuire per potere fare previsioni attendibili sul futuro dell’auto elettrica che comunque ci sarà. Quindi, noi costruttori dobbiamo farci trovare preparati a questo nuovo scenario.

In una azienda meccanica che produce auto conta molto la tecnologia, ovviamente, ma quanto contano altri fattori come il marketing, lo stile e la comunicazione?

Sono importanti anche questi aspetti. Tralasciando l’ambito del racing, che è un mondo a sé con le sue specificità, nell’ambito classico sono fattori con un peso non trascurabile. Anche perché fare automobile belle costa quanto fare automobili brutte.

Di recente abbiamo lavorato con uno stilista, con grande soddisfazione nostra e dei clienti; ci siamo detti: se non si compromettono le prestazioni aerodinamiche della macchina, perché non realizzare un modello con varianti estetiche più belle? Anche questo è un valore, per la vettura. La comunicazione è importantissima anche per noi, ma bisogna farla rivolgendosi nel modo giusto e alle persone giuste perché oggi il prodotto non si vende più da solo.

Giampaolo Dallara poltrona rossa Tecnologie Meccaniche

Lei ha sottolineato spesso, in altre occasioni, l’importanza del territorio, così come lo è stato per la sua azienda. Secondo lei, ancora oggi essere calati in questa realtà costituisce un valore aggiunto?

Sì, rimane importante. Io lo vedo anche come riconoscenza per tutto il supporto che ho avuto negli anni dal territorio. La mia famiglia ha le sue radici qui; conosco la maggior parte dei genitori dei giovani che lavorano nella mia azienda e si instaurano dei rapporti che generano ricadute positive anche sul lavoro. Certo, non bisogna esagerare nell’aprirsi soltanto verso il proprio territorio perché si rischia di essere provinciali, come pure il personale non deve chiudersi nel proprio territorio.

Per esempio, noi aiutiamo un gemellaggio tra le scuole di Varano de’ Melegari e quelle di Indianapolis che prevede lo scambio di una quindicina di ragazzi per un periodo di studio e di esperienza aziendale che aiuta a conoscere altre realtà. Poi c’è un secondo aspetto che va oltre il legame sentimentale, vale a dire aiutare il territorio a crescere acquisendo delle competenze che sono necessarie in questo momento: in questa ottica, per fare un altro esempio, abbiamo contribuito a fare crescere tecnologicamente alcune scuole del territorio grazie anche a finanziamenti europei, statali e regionali. Nelle officine di queste scuole ci sono delle macchine utensili che sono più moderne di quelle spesso presenti nelle aziende meccaniche.

Affrontando il tema della dimensione aziendale, il fatto di essere una piccola-media impresa è ancora un vantaggio competitivo? E quali possono essere i punti chiave affinché le piccole imprese possano essere sempre più competitive?

Secondo me sì, essere piccoli è ancora un vantaggio purché si sposi la tecnologia avanzata. Noi stessi abbiamo deciso di non crescere tanto, semmai di diversificare un po’ l’offerta, ma cerchiamo di rimanere piccoli. La nostra idea è: siamo piccoli, ma nel fare le produzioni di serie limitata o per determinate nicchie di mercato vogliamo essere al livello dei migliori costruttori.

Se il mercato ci riconosce questo ruolo, saranno gli stessi costruttori a proporci collaborazioni per modelli di automobili avanzati realizzati in piccola serie. La maggiore sfida per noi è riuscire a trovare soluzioni produttive che consentano a noi e ai nostri fornitori di ridurre i costi anche quando si producono autovetture in bassa numerosità. Per fare ciò ci vuole formazione avanzata a ogni livello aziendale perché, oggi, il prodotto basico non esiste più.

In settembre ha riaperto la Dallara Academy, polo didattico ed espositivo pensato per condividere e trasmettere ai giovani il patrimonio di competenze sviluppate in quasi 50 anni di attività. Come valuta i primi due anni dell’Academy e qual è l’obiettivo che vi ha spinto a lanciare questa iniziativa formativa?

L’Academy, gestita direttamente da Dallara, è una esperienza positiva che peraltro, nel periodo di lockdown, ha rappresentato il simbolo di una continuità aziendale. A settembre siamo ripartiti: c’era, da un lato, la volontà di riconoscere l’impegno di tanti collaboratori che ci hanno aiutato a crescere e, dall’altro, di continuare nella ricerca e formazione di giovani con la predisposizione verso attività di carattere tecnico; sono giovani che vogliamo accompagnare nella formazione avanzata per le varie discipline che concorrono allo sviluppo, alla progettazione e alla produzione di autoveicoli hi-tech.

È emozionante, anche per i docenti, vedere tanti ragazzi appassionati ed entusiasti delle conoscenze specialistiche che man mano acquisiscono: la nostra idea è stata quindi giusta e sono orgoglioso di ciò. Da evidenziare la collaborazione con l’Università di Parma, che gestisce il corso di Laurea Magistrale di Muner in “Racing Car Design”.

Dallara è impegnata anche nel settore aerospace con collaborazioni importanti, come per esempio SpaceX. Come valuta questo settore e quali potrebbero essere le potenzialità per voi?

È un settore molto interessante. Stiamo cercando di trasferire in quel mondo le avanzate conoscenze che abbiamo maturato con le autovetture da competizione soprattutto a livello di materiali compositi, oggi disponibili in svariate soluzioni. I materiali compositi saranno sempre più il futuro dell’auto e sarà necessario conoscerli a fondo perché dovremo saperli trattare, non soltanto nella fase di costruzione dell’auto ma anche in ottica di manutenzione, riparazione, durabilità: è un mondo nuovo che sta evolvendo e bisogna essere al passo.

In Dallara abbiamo dovuto affrontare due problematiche fondamentali: prima quella della riduzione del peso, per massimizzare le prestazioni, e più recentemente quella della riduzione dei costi. Abbiamo imparato molte cose e riteniamo di possedere un know how avanzato che possiamo trasferire vantaggiosamente ad altri settori, come quello aerospaziale.

Uno degli elementi chiave della vostra attività è costituito dalla progettazione. Come è cambiata negli anni e come gli strumenti software a vostra disposizione hanno inciso sul modo di concepire un nuovo prodotto?

Mi lasci dire: nella progettazione è cambiato il mondo! Ricordo quando sono entrato in Ferrari, ormai 60 anni fa, c’erano poche persone nell’ufficio tecnico e nell’ufficio motori che progettavano tutte le macchine, non solo quelle da competizione.

A un certo punto è iniziata una rivoluzione, trascinati dal settore aerospaziale che era tecnologicamente più avanzato: sono arrivati i primi software di CAD bidimensionale e ci siamo accorti che si lavorava meglio perché consentivano di gestire una integrazione dei vari componenti progettati, cioè di gestire i complessivi; poi i software tridimensionali che sono stati inizialmente un incubo, ma si sono rivelati indispensabili per programmare le macchine utensili a controllo numerico; poi sono arrivate le superfici e via di seguito, sempre nuovi software che hanno aiutato a progettare in maniera sempre più efficiente, fino ad arrivare ai simulatori di guida e ai software di fluidodinamica. E di nuovi ne arriveranno. Aggiornarsi continuamente è diventato inevitabile per rimanere sul mercato e per essere competitivi: di pari passo, la formazione deve essere continua.

Qual è la sfida principale che Dallara dovrà affrontare nei prossimi anni?

Una sfida sicuramente è quella di continuare ad avere sempre persone preparate. L’altra è uscire completamente da una interpretazione tradizionale dell’automobile: i veicoli del futuro devono assistere il più possibile il conducente nella guida fino a giungere alle automobili a guida autonoma.

Ingegnere, lei ha concepito tanti modelli di auto che hanno riscosso un grande successo. Ce n’è uno a cui è legato in modo particolare?

Più di uno. Tra questi, la Lamborghini Miura esteticamente molto bella e, ai tempi, molto innovativa: la prima auto di serie a motore centrale, che ereditava i concetti di alcune automobili da competizione dell’epoca. Poi c’è il modello di Formula 3 che ci ha permesso di arrivare in Europa. L’altro modello è quello di domani: la sfida è continua. La prossima vettura comincerà a correre nelle competizioni di Le Mans e Daytona nel 2022.