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Proprietà intellettuale, non solo brevetti

La proprietà intellettuale attuale è un tema altamente specialistico, ma sarebbe un errore ritenerlo di nicchia: il miglior approccio è quello che consente di individuare in ciascuna fase di ideazione, sviluppo e produzione potenziali temi di interesse.

di Alberto Camusso e Gianluca Pulieri*

La proprietà intellettuale è in genere considerata un tema altamente specialistico, affrontato all’interno dell’azienda da chi per competenze o ruolo aziendale rivolge un particolare interesse alle forme di tutela dell’innovazione, specialmente quelle in ambito tecnologico. Nel mondo professionale la specializzazione si riflette in professionalità ben definite, quali quelle dei mandatari brevetti e marchi o degli avvocati specializzati.

Si tratta di un approccio certamente corretto, ma che rischia di far perdere di vista un aspetto fondamentale e troppo spesso trascurato: la proprietà intellettuale può essere infatti assai più diffusa e pervasiva nella vita dell’azienda di quanto non si creda. Un tipico esempio è quello che attiene la scelta, che l’azienda si trova di fronte, se brevettare o meno un nuovo dispositivo o prodotto: tipicamente, tale scelta viene svolta dal responsabile dell’ufficio tecnico o della Ricerca & Sviluppo in un determinato momento, e si pensa che questa scelta rappresenti un momento isolato, ben identificato e sostanzialmente affidato appunto agli “specialisti”.

Un approccio virtuoso alla miglior tutela degli asset aziendali, e degli sforzi creativi e innovativi dell’impresa, richiede tuttavia di ripensare alla proprietà intellettuale in termini molto più estesi, identificando in una sorta di ideale diagramma di flusso le principali fasi della filiera produttiva e individuando, in ciascuna di tali fasi, i momenti e le occasioni in cui vi possa essere un diritto di proprietà intellettuale (brevetto, modello, diritto d’autore su software, ma anche design o know-how) che sfugge alle normali dinamiche sopra esemplificate.

Così, per esempio, vi può essere proprietà intellettuale in ogni rapporto che l’impresa intrattenga con propri clienti o fornitori, sia nell’ambito di un rapporto commerciale consolidato, sia e ancora più quando si inizia a discutere – magari collaborando – all’ideazione di un nuovo prodotto, alla preparazione di un prototipo, alla predisposizione di attrezzature, alla realizzazione di un software che dovrà essere poi installato a bordo macchina… Gli esempi sono molteplici, ma tutti sono riconducibili alla categoria dei rapporti commerciali (e quindi contrattuali) che l’impresa intrattiene con soggetti terzi. In gran parte di tali rapporti la proprietà intellettuale potrà svolgere un ruolo più o meno importante, e sarà tanto più importante quanto più il rapporto interverrà in una fase prodromica rispetto alla nascita dell’innovazione.

L’impresa si preoccupa, giustamente, della proprietà intellettuale già esistente o identificabile. Tuttavia è importante pensare anche a, e regolare in modo appropriato, la proprietà intellettuale che ancora non esiste, ma che potrebbe venire a esistenza, decidendo prima possibile di chi siano gli eventuali diritti, se intervengano meccanismi di cessione o di comproprietà e quant’altro. Un altro aspetto, di estrema rilevanza e altrettanto spesso trascurato, è quello che attiene la valutazione della proprietà intellettuale altrui: nella realizzazione di un nuovo prodotto, infatti, ci si domanda troppo spesso esclusivamente se tale prodotto sia brevettabile, ma si trascura di verificare se lo stesso possa essere liberamente fabbricato e commercializzato senza violare diritti di soggetti terzi: un errore ricorrente è infatti quello di ritenere che la brevettazione comporti automaticamente la libertà di attuazione.

Ancora, i rapporti che l’impresa intrattiene con i propri dipendenti addetti a determinate mansioni, nelle quali possono essere ricercate o sviluppate soluzioni innovative, sono di fondamentale importanza e vengono il più delle volte date per scontate. Un altro tema che percorre, seppur in modo a volte sotterraneo, l’intera filiera produttiva è quello dei segreti industriali: la scelta tra brevettazione e mantenimento del segreto è sempre delicata, ma al di là delle valutazioni caso per caso è necessario qui sottolineare che la tutela dei segreti richiede attività di “manutenzione” che coinvolgono tutte le funzioni aziendali, al pari di ogni altro asset aziendale e forse ancora di più. Gli spunti potrebbero essere infiniti: quanto fin qui riportato fornisce soltanto alcuni esempi di tematiche che sono essenziali alla tutela della proprietà intellettuale e che attengono però a momenti diversi da quelli in cui, tipicamente, l’impresa pensa a regolare tali aspetti.

L’esempio forse più evidente della centralità che la proprietà intellettuale può assumere oggi all’interno dell’impresa è dato dalla normativa sul cosiddetto Patent Box, ormai in vigore dal 2015. Si tratta di un insieme di regole che consentono, in estrema sintesi, di agevolare – con riduzioni anche importanti dell’imposizione fiscale – i redditi derivanti dallo sfruttamento di beni immateriali tra cui brevetti, disegni, modelli, know how e software. Per poter accedere a tali agevolazioni, l’impresa deve naturalmente non soltanto essere titolare di questi beni immateriali ma anche avere adottato al proprio interno opportune regole di organizzazione e di gestione degli stessi, in particolar modo con riferimento al know-how che richiede il soddisfacimento di una serie di requisiti di natura giuridico-formale. Si tratta dunque di una normativa che prevede vantaggi fiscali, anche significativi, per le imprese “virtuose” nell’acquisizione e nella gestione dei propri beni immateriali e delle proprie attività di ricerca e sviluppo: il che conferma appunto la necessità di vedere la proprietà intellettuale come un tema trasversale non limitato ad alcuni, episodici momenti della vita dell’azienda, perché ne possono derivare importanti conseguenze anche in altri ambiti.

Per poter adottare un approccio corretto alla materia è importante quanto meno sapersi porre le domande giuste al momento giusto, e affrontare i temi nel corretto ordine logico, tenendo a mente che l’aspetto cronologico è fondamentale nella proprietà intellettuale, che di fatto si basa sul principio della priorità, per esempio in materia di invenzioni (ma non soltanto). Dunque, la proprietà intellettuale attuale è senz’altro un tema altamente specialistico, ma sarebbe un errore ritenerlo di nicchia: al contrario, il migliore approccio è proprio quello che consente d’individuare in ciascuna fase di ideazione, sviluppo e produzione, potenziali temi di interesse.

Ciò significa anche che le funzioni aziendali tradizionalmente estranee a questi temi (la funzione commerciale, quella amministrativa, gli acquisti, le risorse umane) dovrebbero invece condividere le scelte strategiche con chi si occupa prevalentemente degli aspetti tecnici e innovativi. Seguendo questo approccio, sarà possibile – e lo faremo in ulteriori interventi su queste pagine – individuare e spiegare in modo più efficace alcuni specifici temi di interesse per l’industria meccanica.

* partner Studio Legale Jacobacci & Associati