Che cos’è lo spatial computing?

La tecnologia dello spatial computing accelera la convergenza tra mondo fisco e mondo digitale. Numerosi i vantaggi dello spatial computing nella produzione industriale

Per capire che cos’è lo spatial computing è utile visualizzare questa scena: Hal è un tecnico che si muove in una fabbrica dove tutti gli oggetti sono etichettati e catalogati digitalmente; dove tutti i sensori e gli attuatori sono connessi via internet e permettono il controllo di tutte le macchine, asset e infrastrutture; dove la mappa digitale degli oggetti e quella fisica dei luoghi sono unite insieme a livello digitale. Anche Hal è sensorizzato ed è dotato di dispositivi indossabili che ne tracciano la sua posizione e quella delle sue mani e dei suoi occhi. Man mano che si muove nell’ambiente e si avvicina a macchine ne riceve informazioni aggiuntive oppure le macchine stesse reagiscono alla sua presenza rallentando, o proponendo lui delle lavorazioni da fare. Il cuore di questa scena di un futuro non molto lontano è lo “spatial computing” (calcolo nello spazio fisico) e rappresenta la sfida della convergenza tra mondo fisico e digitale. Permette esattamente di fare quello che realtà aumentata e virtuale promettono di fare e lo fa interagendo con gli oggetti reali.

La tecnologia spatial computing

La mente del spatial computing è un computer (o un sistema di computers) “coordinatore” in grado di tracciare e controllare i movimenti e le interazioni degli oggetti mentre una persona naviga attraverso il mondo digitale o fisico. Queste metodologie ed algoritmi porteranno presto le interazioni uomo-macchina e macchina-macchina a nuovi livelli creando nuove opportunità. Moltissime le aziende che stanno investendo in software per lo spatial computing di questo tipo, tra cui PTC, Microsoft e Amazon e tante altre startup. Come nel caso della realtà virtuale e della realtà aumentata ancora una volta, il calcolo spaziale si basa sul concetto di “gemello digitale” o “digital twin”. È noto che questa tecnologia può essere utilizzata in vari modi per stampare l’oggetto in 3D, progettarne nuove versioni, fornire una formazione virtuale su di esso o unirsi ad altri oggetti digitali per creare mondi virtuali. Lo Spatial Computing rende i gemelli digitali non solo degli oggetti, ma anche delle entità dotate di intelligenza e capacità di interazione.

Lo spatial computing nella produzione industriale

In mondo industriale una delle attività più realistiche ed imminenti è l’uso di queste tecnologie per permettere ai tecnici, dotati di strumenti di realtà aumentata o virtuale, di dirigere diversi robot o macchinari interagendo con i loro gemelli virtuali e sfruttando delle macro istruzioni come “Vai lì, fai questo!”. Gli algoritmi di calcolo spaziale faranno il resto: potrebbero aiutare a ottimizzare la sicurezza, l’efficienza e la qualità del lavoro migliorando, ad esempio, il coordinamento dei robot e la selezione dei compiti loro assegnati. Il termine “spatial computing” fu coniato nel 2003 da Simon Greenwold nella sua tesi di dottorato al MIT. E allora non si poteva prevedere uno sviluppo delle tecnologie abilitanti cosi rapido da poter rendere lo spatial computing nella produzione industriale una realtà. Oggi Internet of Things, Bigdata, Cloud ed edge Computing, Intelligenza artificiale combinate insieme alla localizzazione nello spazio e nel tempo delle persone e degli asset permette di creare nuovi scenari di uso dello spatial computing simili a quelli descritti in apertura. Per capire che cos’è lo spatial computing si può pensare a usare queste tecniche per comandare macchine, ma anche a scendere ad un livello più basso di riprogrammazione delle coordinate di lavoro di un utensile o di un robot.

I vantaggi dello spatial computing

Il punto chiave alla base della tecnologia spatial computing è partire dalle informazioni che arrivano in ingresso e riuscire a tradure queste informazioni in istruzioni implicite o esplicite che vanno poi tradotte nei vari linguaggi con cui gli oggetti vengono programmati. È infatti diverso dire ad una macchina di muoversi di 1 cm lungo l’asse x del suo sistema di riferimento, rispetto a dire alla stessa macchina muoviti “qui” indicando con il dito in un ambiente virtuale riprodotto in un visore. Eppure tutte e due le informazioni possono essere tradotte nello stesso set di istruzioni per la macchina, aggiungendo anche istruzioni non dette dall’operatore, ma da lui ritenute scontate: muoviti in modo sicuro, non urtare ostacoli ed altro ancora. Sono i cosiddetti linguaggi naturali che permettono la programmazione di sistemi senza fare ricorso a istruzioni in linguaggio macchina. Ma portati ad un nuovo livello che è quello intangibile ed immateriale della realtà aumentata e virtuale.

 

a cura di Giambattista Gruosso